Il Tango Della Vecchia Guardia by Perez Reverte

Il Tango Della Vecchia Guardia by Perez Reverte

autore:Perez Reverte
La lingua: ita
Format: mobi
pubblicato: 2013-10-10T22:00:00+00:00


«C’è un problema» dice all’improvviso Mecha Inzunza.

È da un po’ che passeggiano lentamente, chiacchierando di cose banali, dalle parti di San Francesco e dei giardini dell’hotel Imperial Tramontano. È pomeriggio avanzato e un sole brumoso cala sulle scogliere di Marina Grande, alla sinistra, dorando la caligine sul golfo.

«Un problema serio» aggiunge dopo un istante.

Ha appena tratto l’ultimo tiro dalla sigaretta e dopo aver disperso la brace sulla ringhiera l’ha lanciata nel vuoto. Max, sorpreso per il tono e l’atteggiamento della donna, studia il suo profilo immobile. Lei socchiude gli occhi, guardando il mare con fissità ostinata.

«Quella mossa di Sokolov» dice alla fine.

Max è attento, confuso. Non sa a cosa si riferisce. Ieri hanno finito di giocare la partita rimandata, ed è terminata in parità. Mezzo punto a ogni giocatore. È tutto quello che sa della faccenda.

«Canaglie» mormora Mecha.

La confusione di Max cede il passo allo sconcerto. Il tono è sprezzante, con una sfumatura di rancore. Qualcosa di nuovo fino a quel momento, conclude lui. Anche se forse nuovo non è la parola esatta. Toni di un passato remoto comune sorgono con dolcezza dall’oblio. Max l’ha già conosciuto prima. Un mondo o una vita fa. Quel freddo, educato disprezzo.

«Conosceva la mossa.»

«Chi?»

Con le mani nelle tasche del golf, lei si stringe nelle spalle come se la risposta fosse ovvia.

«Il russo. Sapeva come avrebbe giocato Jorge.» L’idea tarda un attimo a farsi strada.

«Mi stai dicendo…»

«Che Sokolov era preparato. E non è la prima volta.»

Un silenzio lungo. Stupito.

«È il campione del mondo.» Sforzando l’immaginazione, Max cerca di digerire la notizia. «È normale che accadano cose del genere.»

La donna distoglie gli occhi dal panorama per posarli su di lui senza aprire bocca. Non c’è niente di normale, dice lo sguardo, nel fatto che accadano cose del genere o che lo facciano in quel modo.

«Perché me lo racconti?» chiede lui.

«Proprio a te?»

«Già.»

Piega il capo, pensosa.

«Perché forse ho bisogno di te.»

Aumenta la sorpresa di Max, che appoggia una mano sulla ringhiera. C’è qualcosa di incerto nella sua espressione, simile all’improvvisa coscienza di una vertigine inattesa, quasi minacciosa. L’autista del dottor Hugentobler ha progetti precisi per la sua falsa vita sociale a Sorrento; e non prevedono che Mecha abbia bisogno di lui, ma tutto il contrario.

«Per che cosa?»

«Tutto a suo tempo.»

Lui cerca di riordinare le idee. Di calcolare le mosse per qualcosa che ancora ignora.

«Mi domando…»

Mecha lo interrompe, serena.

«È da un po’ di tempo che penso a cosa sei capace di fare.»

L’ha detto con dolcezza, sostenendo il suo sguardo come aspettando in agguato una risposta parallela. Tacita.

«Rispetto a cosa?»

«A me, in questi giorni.»

Un’espressione di protesta svogliata, appena espressa. È il miglior Max, quello dei grandi tempi, a mostrarsi adesso un po’ ferito. A scartare qualunque dubbio immaginabile sulla sua reputazione.

«Sai benissimo…»

«Oh, no. Non lo so.»

Lei si è allontanata dalla balaustra e cammina sotto le palme verso San Francesco. Dopo un breve istante, quasi teatrale, di immobilità, lui la segue e la raggiunge, mettendosi al suo fianco con un silenzioso rimprovero.

«Davvero non lo so» ripete Mecha, pensosa. «Ma non mi riferisco a quello… Non è quello che mi preoccupa.



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